La vera storia del caso Mc Martin

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La vera storia del caso Mc Martin e i casi di violenza sessuale sui bambini nelle scuole italiane

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La difesa degli imputati di alcuni processi per pedofilia in Italia che vedono coinvolti asili o scuole elementari citano spesso e volentieri il caso dell’asilo Mc Martin, quale esempio di un processo fondato su accuse di violenza sessuale, in danno di numerosi bambini di un asilo, cui i presunti autori, maestri e operatori i quali, a conclusione del processo, sono stati assolti.

Il caso Mc Martin viene utilizzato dagli avvocati che difendono persone accusate di violenza sessuale di gruppo a danno di bambini come un grimaldello in grado di accedere al senso di incredulità che preesiste all’analisi razionale, suggerendo quindi l’ipotesi che le accuse di violenza sessuale collettive, fondate sulla testimonianza di minori in tenera età, siano in verità frutto delle fantasie distorte dei bambini stessi e dei loro genitori in ansia, le storie raccontate diventano di per sé inverosimili e incredibili e le dinamiche di denuncia, processuali e di ricerca di riscontri oggettivi del caso Mc Martin vengono ad arte associate a quelle del caso delle scuole italiane a dimostrazione del fatto che, le numerose e profonde similitudini presenti, avallino e alimentino il senso di incredulità.

La verità però sta da un’altra parte.

L’operazione di far assurgere a caso paradigmatico la vicenda giudiziaria del caso Mc Martin, quale esempio di rilevanza storica di un clamoroso falso di abusi collettivi, affiancabile e paragonabile al caso degli asili e delle scuole italiane è improponibile, strumentale, fuorviante e scorretta per le ragioni che andiamo a verificare.

L’asilo Mc Martin, è un asilo privato che si trovava (oggi è stato raso al suolo) a Manhattan Beach, poco a sud di Los Angeles, diretto ai tempi da Virginia Mc Martin e dalla figlia Peggy Mc Martin,

La prima rivelazione per il caso americano parte da una mamma, Judy Jhonson, la quale dichiarava che il figlio Mattew, di soli due anni e mezzo, era stato violentato nell’asilo Mc Martin; a seguito della denuncia, che risale all’estate del 1983, partirono le indagini della polizia di Los Angeles e dell’investigatore privato Bynum, ex capo detective della polizia, che prese a cuore la vicenda e si prodigò più di altri nella ricerca di riscontri oggettivi.

All’indomani della denuncia la polizia di Los Angeles spedì una lettera a tutti i genitori dell’asilo che avevano iscritto i figli alla scuola sia per l’anno corrente che negli anni precedenti, in tale lettera si leggeva chiaramente che nell’asilo si sarebbero verificati atti di violenza sessuale a sfondo sado-masochistico e che era necessario che i genitori ascoltassero e interrogassero i loro figli che avevano frequentato l’asilo per verificare se fossero o meno stati vittime dei medesimi abusi.

L’iniziativa della polizia scatenò nella piccola cittadina un vero e proprio allarme sociale associabile ad uno stato di panico collettivo, numerosi bambini furono sentiti dalla dott.ssa Kee Mc Farlane che, con metodi poco ortodossi (è necessario tenere a mente che eravamo nel 1983) quindi con il massiccio uso di domande suggestive, di modalità relazionali induttive, addirittura in alcuni casi utilizzando l’ipnosi, con vere e proprie pressioni psicologiche, ricatti e minacce per i bambini reticenti e infine premi e gratificazioni ai piccoli che invece decidevano di parlare, cominciò ad interrogare circa 450 bambini, di questi, Mc Farlane formulò ipotesi di abuso per 360, fra questi solo undici fecero delle ammissioni in sede processuale.

Nel 1984 Yudy Jhonson, la madre del primo bambino abusato, morì in ospedale dopo essere stata ricoverata per abuso di alcool, la causa della sua morte ancora oggi è da molti ritenuta controversa perché i familiari sostengono che fosse allergica all’alcool e che sapeva di esserlo, per tale motivo gli stessi ritengono non plausibile che fosse morta per eccessivo uso di alcool.

E’ importante aggiungere che, poco tempo prima della morte, la Jhonson aveva dato chiari segni di squilibrio mentale, si era infatti barricata in casa con il figlio, Mattew, sostenendo che pure il marito aveva abusato del bambino, vi è da precisare che a Yudy Jhonson, prima della morte, era stata diagnosticata una schizofrenia paranoie.

Nel 1986 il detective dell’accusa Bynum, considerato un teste fondamentale, che era riuscito a trovare dei riscontri compiendo degli scavi intorno all’asilo, venne trovato morto, apparentemente suicida, la sera prima che fosse sentito in aula.

Il caso Mc Martin è un caso ovviamente complesso e controverso che merita, però, alcune importanti considerazioni.

· La decisione della polizia di Los Angeles di spedire una lettera a centinaia di genitori oggi è da considerarsi una operazione scellerata e capace di scatenare una vero e proprio panico collettivo.

· La madre dalla quale proveniva la prima rivelzaine era affetta da schizofrenia paranoie e morì in circostanze non chiare.

· I bambini furono interrogati con metodi polizieschi, ricattatori, domande suggestive e modalità induttive che hanno gravemente viziato alla fonte le testimonianze.

· Nessun genitore e nessun bambino fu sottoposto a perizia in ordine alla capacità di testimoniare e all’equilibrio psicologico men che meno cercando sintomi da stress post traumatici.

· Il caso Mc Martin, lungi dall’avere pacificato gli animi, rimane un caso controverso che ancora oggi fa discutere, non solo per le morti sospette che hanno funestato le indagini e il processo, ma per diversi altri motivi fra i quali, ad esempio, il fatto che molti degli ex bambini dell’asilo, oggi divenuti adulti, continuano a sostenere di essere stati abusati all’interno dell’asilo.

Dati questi elementi appare evidente come non ci siano punti di contatto fra il caso Mc Martin, che risale a 25 anni fa, e i casi italiani sia in ordine al diverso tenore delle indagini svolte oggi dalla polizia giudiziaria italiana la cui sensibilità ed equilibrio che non è paragonabile alla grossolanità con la quale agì la polizia di Los Angeles sia in ordine alla credibilità dei genitori coinvolti nei casi italiani che nulla hanno a che vedere con il comportamento e i problemi di patologia clinica manifestati da Yudi Jhonson.

Vi è da aggiungere inoltre che l’acquisizione di approfondite indagini psicodiagnostiche sui bambini italiani e sui loro genitori e i metodi utilizzati nell’audizioni protette, condotte oggi in Italia sicuramente con un’attenzione, una sensibilità e una correttezza non trovano nessuna possibilità di confronto con i metodi utilizzati nel 1983 dalla dott.ssa Mc Farlane.

L’unico scopo degli avvocati che difendono persone accusate di violenza sessuale di gruppo a danno di bambini nel menzionare così spesso e a sproposito il caso Mc Martin sta proprio nel tentativo di suggestionare la Corte con l’assunto del preconcetto dell’incredulità; il teorema proposto, a patto che restino celati i dati salienti che differenziano il caso Mc Martin dai casi italiani, risulta semplice ed efficace: - E’ assolutamente incredibile pensare che dei bambini possano essere stati violentati negli asili italiani, in America casi del genere, molto simili, come ad esempio il caso Mc Martin, sono finiti, appunto, in un nulla di fatto.

Posta la abissale differenza, invece, fra le vicende relative all’asilo Mc Martin e quelle inerenti gli asili italiani, vi è da sottolineare come, proprio negli Stati Uniti, pochi anni dopo, esattamente nel 1985 e nel 1986 scoppiarono altri due casi di violenze sessuali a danno di bambini che frequentavano l’asilo.

In particolare nel 1985 a Miami, in Florida, presso l’asilo Country Walk, decine di bambini, interrogati con metodi meno fuorvianti di quelli utilizzati da Kee Mc Farlane per il caso Mc Martin, dichiararono di essere stati violentati da Ileana Fuster e Frank Fuster che dirigevano la scuola, le violenze erano caratterizzate da elementi che richiamavano rituali satanici, da riproduzioni video e sui corpi dei bambini furono trovate solo tracce di segni anomali nelle parti intime.

Frank Fuster fu condannato all’ergastolo in quanto aveva già dei precedenti penali, Ileana Fuster fu condannata a dieci anni perché rea confessa.

L’anno successivo, 1986, alcune decine di bambini dell’asilo “Fells Acres Day School” nella piccola cittadina di Malden in Masachussets rivelarono di essere stati violentati, nove di questi testimoniarono contro Gerault Amirault, quattro contro Chery e Violetta Amirault, tutti proprietari e operatori dell’asilo privato.

Gli interrogatori dei bambini furono condotti con maggiore cautela e sui corpi dei bambini furono trovati, nelle parti intime, solo tracce anomale compresa una vaginite per le bambine.

Violetta e Cheryl furono condannate ciascuna a 8 anni di prigione, Gerault a 30 anni.

La verità quindi è che vi sono casi giudiziari di violenze sessuali collettive consumatisi a danno di bambini in tenera età ad opera di operatori degli asili che ospitavano le piccole vittime che si sono conclusi con un’assoluzione, anche se rimangono casi assolutamente controversi, e altri ancora che invece si sono conclusi con severe e sonore condanne nei confronti degli imputati.

2.2 L’esperienza italiana

L’esperienza americana, che ha preceduto quella italiana di una decina di anni, ricondotta nell’ambito di un’informazione corretta ci restituisce un quadro di assoluta credibilità teorica di abusi sessuali a danno di bambini che in effetti si sono verificati negli asili americani, vi è da aggiungere che è un fenomeno criminale che è stato confermato non solo in America ma anche in Gran Bretagna, in Germania e in altri paesi europei dove si sono celebrati processi conclusisi con la condanna degli imputati; si tratta ora di accennare alle denunce che, a partire dagli anni novanta, vengono presentate anche in Italia.

Il primo caso che si è concluso con una condanna definitiva, confermata dalla Corte di Cassazione, è quello dell’asilo di Prato, con più di trenta bambini vittime di abusi sessuali.

È importante notare come la sentenza della Corte Suprema ha confermato la condanna solo per un bidello in quanto, pur essendo stato accertato che le violenze si erano verificate con la complicità di più adulti, dal tenore delle dichiarazione dei bambini si sono potuti ricostruire i fatti e individuare con certezza un solo responsabile delle violenze, purtroppo i giudici non sono riusciti ad identificare gli altri complici che pure esistevano e che oggi sono a piede libero.

Una delle considerazioni più importanti che è necessario puntualizzare è che il processo di Prato si è concluso con una condanna nonostante che i bambini coinvolti non siano mai stati sentiti direttamente, le testimonianze infatti raccolte sono state tutte de relato.

Un altro caso di abusi in scuole primarie si è chiuso con una condanna definitiva per un bidello (Alfonso Sarcone) per violenze sessuali a danno di bambini di un asilo a Calabritto (Irpinia), mentre per gli stessi episodi una suora è attualmente sotto il giudizio della Corte d’Appello.

In attesa della pronuncia della Cassazione è invece il noto caso dell’asilo Bovetti di Torino ove due insegnanti sono stati condannati dalla Corte di Appello per avere abusato sessualmente di alunni che frequentavano l’asilo.

Vi sono altre denunce che riguardano asili posti nei paesi o nelle città di Rignano Flaminio, Bergamo, Brescia,Verona, Valle Lucania, Asti, Gravina di Puglia, Roma, Palermo.

Per quanto riguarda il caso dell’asilo Abba di Brescia il lunghissimo e contrastato iter giudiziario ha visto una condanna in primo grado, una condanna in secondo grado per un solo imputato, una censura della Corte di Cassazione, una conseguente assoluzione del secondo appello e attualmente si è in attesa dell’ultimo grado di giudizio.

In riferimento invece all’asilo Sorelli di Brescia vi è una recente sentenza della Corte d’Appello che assolve tutti gli imputati ma che per la qualità e la quantità delle testimonianze dei bambini e dei genitori, per i numerosi e inequivocabili segni trovati nelle parti intime dei bambini, ad avviso di chi ha seguito il processo come difensore della parte civile, presta il fianco a pesanti censure di legittimità una volta che sarà vagliata dai giudici della Cassazione.

E’ importante, quindi, evitare di cadere nella suggestiva quanto fuorviante ipotesi preconcetta dell’incredulità, così come viene spesso proposta dalla difesa degli imputati, perché pericolosa, in quanto tende a fare leva sui sentimenti (sentimento di incredulità, di paura, appunto) piuttosto che sulla ragione, mentre la ricerca della verità va perseguita attraverso la pacatezza e la forza del ragionamento giuridico anche se i fatti sui quali si sta indagando rappresentano una terribile novità per la nostra esperienza civile e giuridica, anche se la verità che si rivela rischia di mettere alla prova la nostra sensibilità, perché fra le nostre paure e la nostra ragione in mezzo ci sono i diritti dei bambini che necessitano di tutela, di verità e ascolto.

Avv. Girolamo Andrea Coffari

Presidente del Movimento per l’Infanzia

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