Cassazione:Costituzione di parte civile del comune in processo per abuso sessuale


Costituzione di parte civile del comune in processo per abuso sessuale (Cassazione penale, sez.III, 15 ottobre 2008, n.38835)

La decisione in commento si insinua nelle maglie di una recente tendenza ad opera dei giudici supremi, tesa al riconoscimento della legittimazione degli Enti Pubblici ad agire in giudizio nei confronti dei privati a tutela delle lesioni dei diritti della personalità, in conseguenza al dispregio prodotto al rispettivo ambito funzionale per opera di condotte illecite lesive del prestigio e dell’immagine pubblica dei predetti organismi (Cfr.per tutte: Cass.pen.Sez.Un.n.14297/2007; v.Dir.pen.proc.n.5/09).
La vicenda in trattazione, trova i suoi antecedenti nel ricorso avanzato dal Comune di Roma, in persona del Sig.Sindaco pro-tempore, avverso una decisione di secondo grado della Corte di Appello di Roma, parzialmente confermativa della sentenza emessa in primo grado, mediante la quale si era disposta l’esclusione del predetto Comune quale parte civile, con revoca della condanna generica al risarcimento dei danni già emessa in suo favore.
Il Comune proponeva ricorso avverso tale decisione e la Suprema Corte, prendendo spunto dal caso concreto, sviluppava con la propria sentenza interessanti e singolari argomentazioni in ordine alla legittimazione delle persone giuridiche e degli enti alla costituzione di parte civile.
** ** **
Richiamando la predominante giurisprudenza della stessa Corte, i giudici della terza sezione hanno infatti precisato che, qualora il complessivo ed esteso interesse alla salvaguardia di beni giuridici non si presenti in forma astratta ma, al contrario, si materializzi in una distinta realtà storica, divenendo in tal guisa ragione d’essere e, al contempo, vero e proprio elemento costitutivo di uno specifico gruppo sociale radicato in un determinato ambito territoriale, deve ritenersi ampiamente ammessa la possibilità che questi possa costituirsi parte civile, nell’ipotesi in cui dal commesso reato provenga una lesione di un diritto soggettivo attinente ai particolari fini perseguiti dal gruppo medesimo (Cfr.Cass.sez.VI, n.13314/90, Santacaterina, secondo cui: “Un soggetto può costituirsi parte civile non soltanto quando il danno riguardi un bene su cui egli vanti un diritto patrimoniale, ma più in generale quando il danno coincida con la lesione di un diritto soggettivo del soggetto stesso, come avviene nel caso in cui offeso sia l’interesse perseguito da un’associazione in riferimento ad una situazione storicamente circostanziata, da essa associazione assunto nello statuto a ragione stessa della propria esistenza e azione, come tale oggetto di un diritto assoluto ed essenziale dell’ente a causa dell’immedesimazione fra il sodalizio e l’interesse perseguito. In questo caso infatti, l’interesse storicizzato individua il sodalizio, con l’effetto che ogni attentato all’interesse in esso incarnatosi si configura come lesione del diritto di personalità o all’identità, che dir si voglia, del sodalizio stesso”;…“Ciò sia a causa della immedesimazione fra l’ente stesso e l’interesse perseguito, sia a causa dell’incorporazione fra i soci e il sodalizio medesimo, sicchè questo, per l’affectio societatis verso l’interesse prescelto e per il pregiudizio a questo arrecato, patisce un’offesa e perciò anche un danno non patrimoniale dal reato”….(Cass.sez.III, 3/10/2007, U.P. Ferrucci).
Espletate tali necessarie premesse, la Corte ha proseguito il proprio percorso esegetico riconoscendo in capo al Comune interessato (nel cui territorio, dove il fatto reato – abuso sessuale - è stato posto in essere, ha un solido collegamento funzionale e ne ha assunto la relativa tutela come principale e autonomo compito), la titolarità di un diritto soggettivo e di un danno indennizzabile, da individuarsi nelle lesioni del diritto stesso e, di conseguenza, la legittimazione a costituirsi parte civile per il rimborso dei danni morali e materiali afferenti l’offesa diretta ed immediata ai fini statutari.
I giudici della S.C. giungono invero ad affermare che, avendo il Comune romano adottato come principale scopo statutario la promozione dell’incremento economico, sociale e culturale della propria comunità, con particolare considerazione alla eliminazione delle situazioni di molestie sessuali, adottando a tal fine un codice comportamentale improntato al perseguimento della pari opportunità per le donne ed istituito appositi uffici dipartimentali deputati al contrasto delle manifestazioni di attacco alla realtà femminile, nonché un centro di accoglienza per le vittime di violenza, deve ritenersi che tali scopi principali, essenziali e statutari dell’ente interessato possano ritenersi degni di autonoma protezione e, per tale via, legittimamente tutelabili in via giudiziaria avendo il Comune un vero e proprio interesse ad agire.
Operando in tale maniera, il Comune ha infatti convertito gli interessi estesi e generali dei cittadini in propri specifici interessi, oggetto delle proprie attribuzioni e mansioni istituzionali, di tal che discende la precisa individuazione in capo ad esso di un tangibile e reale interesse alla difesa e alla protezione di una condizione storicamente circostanziata, quale suo fine statutario predominante.
Gli abusi sessuali oggetto del procedimento nel quale l’Ente Comunale ha inteso costituirsi parte civile pertanto, vanno senza dubbio a ledere non soltanto le libertà morali e fisiche delle donne, ma anche il corporeo interesse del Comune alla protezione del proprio ambito territoriale da tali fenomeni ignobili.
Deve perciò ritenersi che lo stesso Comune sia legittimato, in quanto tale, a costituirsi parte civile nel relativo processo penale ai sensi degli articoli 185 c.p. e 74 c.p.p.
Avv.Alessandro Buzzoni

0 commenti: